Il concetto tecnico-giuridico di “colpa” è mutuato dal diritto
penale, e quest’ultimo – a sua volta – lo ha elaborato nel corso
dei secoli, anche se, sostanzialmente, non lo ha di molto modificato
rispetto all’originario istituto introdotto dal Diritto Romano.
Del resto – e questo è un vanto che l’Italia difficilmente si
sofferma a valorizzare – un buon 90% del diritto oggi vigente nel
mondo (ad esclusione di quello islamico e di alcuni Paesi asiatici)
deriva direttamente dal Diritto Romano.
- Esaminiamo gli articoli 42 e 43 del Codice Penale Italiano:
Art. 42 - Responsabilità per dolo o per colpa o per delitto
preterintenzionale. Responsabilità obiettiva
- Nessuno può essere punito per una azione od omissione preveduta
dalla legge come reato, se non l'ha commessa con coscienza e volontà.
Nessuno può essere punito per un fatto preveduto dalla legge come
delitto, se non l'ha commesso con dolo, salvi i casi di delitto
preterintenzionale o colposo espressamente preveduti dalla legge.
La legge determina i casi nei quali l'evento è posto altrimenti
a carico dell'agente come conseguenza della sua azione od omissione.
Nelle contravvenzioni ciascuno risponde della propria azione od
omissione cosciente e volontaria, sia essa dolosa o colposa.
Art. 43 - Elemento psicologico del reato
- Il delitto: è doloso, o secondo l'intenzione, quando l'evento
dannoso o pericoloso, che è il risultato dell'azione od omissione
e da cui la legge fa dipendere l'esistenza del delitto, è dall'agente
preveduto e voluto come conseguenza della propria azione od omissione;
è preterintenzionale, o oltre la intenzione, quando dall'azione
od omissione deriva un evento dannoso o pericoloso più grave di
quello voluto dall'agente; è colposo, o contro l'intenzione, quando
l'evento, anche se preveduto, non è voluto dall'agente e si verifica
a causa di negligenza o imprudenza o imperizia, ovvero per inosservanza
di leggi, regolamenti, ordini o discipline. La distinzione tra reato
doloso e reato colposo, stabilita da questo articolo per i delitti,
si applica altresì alle contravvenzioni, ogni qualvolta per queste
la legge penale faccia dipendere da tale distinzione un qualsiasi
effetto giuridico.
Per ricostruire in modo semplice e comprensibile il concetto di
“colpa” si dovrà muovere dal “combinato disposto” – e cioè dall’esame
comparato e ragionato - del primo comma dell’art. 42, secondo il
quale “Nessuno può essere punito per una azione od omissione preveduta
dalla legge come reato, se non l'ha commessa con coscienza e volontà”
(occorre, cioè, che l’autore del fatto abbia agito coscientemente
ed abbia contribuito, con la propria volontà, al suo verificarsi),
e del terzo comma dell’art. 43, secondo il quale il fatto “è colposo,
o contro l'intenzione, quando l'evento, anche se preveduto, non
è voluto dall'agente e si verifica a causa di negligenza o imprudenza
o imperizia, ovvero per inosservanza di leggi, regolamenti, ordini
o discipline” (e tale fondamentale precisazione determina la distinzione
della “colpa” dal “dolo”).
Per fare un esempio pratico, l’automobilista che procede a velocità
elevata in un centro abitato incorre – in caso di incidente che
comporti lesioni a persone – in un reato “colposo” (per la precisione,
il reato di lesioni colpose di cui all’art. 590 C.P.) poiché egli,
nonostante fosse “cosciente” della pericolosità del suo operato,
ha “voluto” ugualmente porre in essere quel comportamento, violando
così sia le regole della “prudenza”, sia quelle della “intelligenza”,
sia specifiche disposizioni di legge.
Se invece l’automobilista si appostasse col proprio mezzo in attesa
del passaggio di una persona per poi volontariamente investirla
e ferirla, allora incorrerebbe nel reato “doloso” di lesioni volontarie
(art. 582 C.P.).
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